L’indagine 2018 ha esaminato più di 11mila studenti in Italia (600mila nel mondo, con 79 Paesi partecipanti di cui 37 dell’Ocse). Il focus (dal 2000 con cadenza triennale) è stato sulla literacy in lettura, definita nel Pisa come «la capacità degli studenti di comprendere, utilizzare, valutare, riflettere e impegnarsi con i testi per raggiungere i propri obiettivi, sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità e partecipare alla società». Con due focus minori sulla literacy matematica (intesa sostanzialmente come le capacità di impiegarla per spiegare e prevedere fenomeni più generali) e quella scientifica (che può tradursi come l’abilità di interpretare i dati e le prove in modo scientifico).
I 15enni italiani ottengono un punteggio di 476, che è inferiore alla media Ocse (487) di 11 punti e che ci colloca a distanza dalle prime: le cinesi Pechino, Shanghai, Jiangsu, Zhejiang e Singapore. Di fatto, su 37 Paesi Ocse ci posizioniamo tra il 23° e il 29° posto. Nello stesso gruppo di Svizzera, Lettonia, Ungheria, Lituania, Islanda e Israele. E dietro a Spagna e Portogallo. A penalizzarci è soprattutto il ritardo del Mezzogiorno: se Nord Est (501) e Nord Ovest (498) si piazzano addirittura sopra la media Ocse e il Centro (484) è lì lì, Sud e isole invece arrancano, dal basso rispettivamente dei loro 453 e 439 punti.
Lo studio conferma il peso del tipo di scuola frequentata: i ragazzi dei licei ottengono i risultati migliori (521), davanti a istituti tecnici (458), professionali (395) e centri di formazione professionale (404). Guardando alle competenze: nei licei il 9% di studenti raggiungono livelli elevati nel Pisa (top performer) e al contempo solo l’8% non raggiunge il livello minimo (low performer). Laddove negli istituti professionali e nei centri di formazione professionale il 50% non raggiunge il livello minimo di competenza.